I danni sono spesso mortali e il radon è diventato la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo. La malattia, come succede per altre esposizioni ad agenti cancerogeni, è di natura probabilistica, ma la possibilità di contrarla aumenta in caso di persone fumatrici o di alte concentrazioni di polveri nell’aria. La correlazione tra tumore ai polmoni e radon è stata provata scientificamente in questi ultimi anni. È difficile accorgersi della sua presenza se non lo si misura.
Il sistema più diffuso per la misura del livello del radon è il dosimetro passivo, posizionato in un punto significativo dell’edificio. I tempi di esposizione possono variare da qualche giorno a qualche mese, anche se il periodo ideale dovrebbe essere un anno intero per seguire il ciclo stagionale.
Una volta stabilito il livello del radon si decide il metodo di bonifica da applicare.
La Comunità Europea, con una recente direttiva (2013/59/EURATOM), ha definito un nuovo limite per la concentrazione di radon senza far più distinzione tra luogo di lavoro e abitazione privata e per quest’ultima tra nuovo e vecchio edificio.
La nuova soglia, oltre la quale è necessario prevedere tecniche di riduzione della concentrazione di radon, è di 300 Bq/m3.
Nella direttiva viene fatta anche un’importante precisazione:
“…recenti risultati epidemiologici dimostrano un aumento statisticamente significativo del rischio di carcinoma polmonare correlato all'esposizione prolungata al radon in ambienti chiusi a livelli dell'ordine di 100 Bq/m3”.
Ci si augura che l’Italia recepisca le nuove indicazioni europee e le converta al più presto in legge.
Nel frattempo possiamo far affidamento solo sulle iniziative delle amministrazioni locali. La maggioranza ha per il momento ignorato il problema, ma esistono alcuni casi virtuosi sensibili alla questione del radon.